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L’acidità nel vino: approfondimenti

L’acidità nel vino: approfondimenti

Uno degli elementi fondamentali analizzabili durante la degustazione di un vino è l’acidità.

Le molecole acide presenti nel vino definiscono in maniera determinante, non solo il suo profilo gustativo, ma anche la capacità e la profondità d’invecchiamento.

L’acidità si divide in fissa, volatile e totale.

L’acidità fissa è costituita dalle sostanze acide presenti in un vino, che non sono portate a volatilizzare, ma al contrario restano all’interno del vino per tutta la sua vita.

L’acidità volatile è costituita da molecole che tendono a e disperdersi nell’aria. Sono tutta appartenenti alla famiglia delle acetiche. Il più importante è l’acido acetico. Si percepisce sia in fase olfattiva, che in quella degustativa. La quantità totale al fine di essere un pregio, dev’essere inferiore allo 0,7%. Varcato questo limite, diventa un difetto. Quando cioè si percepisce al naso quella sensazione pungente di aceto.

Infine, l’acidità totale altro non è, che la somma delle due precedenti.

L’acidità è una sensazione tattile, e fa parte della famiglia delle durezze. Sotto il profilo degustativo si percepisce nel palato, sia in maniera diretta, che indiretta. Infatti, le papille gustative, pur non riuscendo a distinguere i diversi acidi presenti nel vino, percepiscono l’acidità totale direttamente, e la proporzionale produzione di saliva come reazione e protezione dalle molecole acide. La salivazione indotta dall’acidità è fondamentale per aiutare l’assorbimento del cibo.

Provate a mangiare un cibo secco senza produrre saliva!

  • Le acidità nascono dall’acino dell’uva, dove si sviluppano la maggior parte delle stesse.
  • In secondo luogo nella fase di fermentazione
  • In ultima res nel periodo di affinamento.

Essendo uno dei parametri fondamentali del vino, determina, per iniziare, il periodo di vendemmia. A seconda del fine enologico prefissato, la vendemmia può essere, anticipata, a maturazione tecnologica, o tardiva. È precoce, per esempio per la produzione di basi da spumantizzare, in zone calde o molto calde. L’acidità negli spumanti è il principio più importante tra tutti, quello che ne determina la freschezza e di conseguenza piacevolezza nel berli. Nella zona di produzione dello Champagne, la latitudine molto alta sull’equatore, concede una vendemmia normale, infatti in condizioni ordinarie avviene nel mese di settembre, e molto spesso verso la fine del mese. La vendemmia è a maturazione tecnologica, quando si osserva il rapporto con gli zuccheri, oppure è tardiva quando si vuole produrre vini dolci o limitarne l’esuberanza, in varietà che ne sono ricche naturalmente.

Non è superfluo aggiungere, che anche nei vini dolci, l’acidità resta un criterio di giudizio essenziale. Quando l’acidità è sotto presente avremo un vino piatto, senza personalità, col risultato di stancare ed annoiare il degustatore.

Dal punto di vista tassonomico, e quantitativo, tra gli acidi più importanti presenti nel vino, in ordine di maggior presenza abbiamo: il tartarico, il malico, il citrico, il succinico, il lattico e l’acetico. L’acido lattico si forma, principalmente, durante la trasformazione post fermentativa, cioè quando sia il malico che il citrico, degradano e si trasformano appunto, nel più morbido e rotondo lattico.

Fino ad ora abbiamo parlato delle acidità presenti naturalmente nel vino, ma la legge, al fine di migliorare il gusto, la stabilizzazione e la longevità, permette alcune correzioni, sia aggiungendo, come riducendo la quantità di acidi.

L’acidificazione dei mosti e dei vini avviene con l’utilizzo di acidi organici già presenti nelle uve di varietà vitis vinifera. Se l’intervento dell’enologo avviene sul mosto in fermentazione, gli acidi saranno quelli più forti, perché il fine da raggiungere, oltre che alzare l’acidità totale,  è quello di abbassare anche il pH. Se l’intervento sarà effettuato sul vino, gli acidi saranno quelli deboli, cioè capaci di modificare l’acidità ma non in maniera sensibile il pH.

L’enologo può avere la necessità di agire anche per disacidificare i mosti ed i vini. In questo caso aggiunge basi deboli, sia organiche che inorganiche. Il più usato è il bicarbonato di potassio, che grazie alla sua alcalinità, e al potere di agire sull’acido tartarico, abbassandone la forza e facendolo precipitare in tartrati di potassio.

Le qualità e quantità consentite dalla legge per l’acidificazione sono

  • L’Acido Tartarico è utilizzabile al massimo in 2,5 gr/l
  • L’Acido Malico fino a 1,35 gr/l sui mosti e 2,25 gr/l sui vini
  • L’Acido Lattico con un limite di 2,25 gr/l sui mosti e 3,75 gr/l su i vini

Per la disacidificazione

  • Il Bicarbonato di Potassio è sfruttabile fino ad una misura di 1 gr/l

Le pratiche enologiche di correzione, hanno il fine di permettere al vino il raggiungimento del sospirato ed agognato equilibrio.

Nella giusta quantità, l’acidità rappresenta un elemento fondamentale del vino, capace di dare pregio, sia alla struttura, come all’aspetto gustativo.

 

Fabrizio Buoli

Wineilvino.it

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