Il Castello di Grumello: sperimentazione e tradizione

Parte I dalle botti

Se ci limitassimo anche solo agli aspetti storici, il Castello di Grumello avrebbe secoli di racconti. Costruito intorno al 1000, con funzioni di difesa ed avvistamento, era di proprietà della comunità di Grumello del Monte, che lo gestisce direttamente fino al primo ‘300. Al centro di dispute tra guelfi e ghibellini lombardi, passa di proprietà da Cardinali a condottieri come Pandolfo Malatesta III detto “il Grande”, fino al 1442 quando diventa di Bartolomeo Colleoni.  Dal ‘700 in poi è trasformato in residenza patrizia, e passa dai conti Suardo, ai marchesi Del Carretto, ed infine ai principi Gonzaga dei Vescovado, un ramo dei Gonzaga signori di Mantova. Proprio dai Gonzaga, nel 1953, la famiglia Reschigna Kettlitz di Milano lo acquisisce per 80 milioni di lire. Giovanni, il primo proprietario, nel 1960 chiama alla direzione della produzione vitivinicola Carlo Zadra, che aveva conosciuto al Centro per la Ricerca della Viticoltura di Conegliano, dove entrambi avevano studiato. Carlo inizia un lavoro immane di rinnovamento enologico, a partire dalla conversione dal regime di mezzadria con il quale erano coltivati tutti i vigneti. Il Castello ha nel suo corpo 37 ettari in totale, 18 coltivati a vite ed 8 cascine. Nel 1984 inizia un processo graduale di rimpianto, partendo dall’obiettivo di rinnovare il patrimonio viticolo, ed aumentare il numero di piante per ettaro. Il processo termina nel 2003. Intanto, nel 1994 Paolo Zadra succede al padre nella gestione enologica e la proprietà decide di investire molte risorse con lo scopo di migliorare la qualità dei vini.
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I vitigni coltivati sono:

  • Per l’80% a bacca rossa; Cabernet Sauvignon, Merlot e una piccolissima parte di Moscato di Scanzo.
  • Per il 20% a bacca bianca; Chardonnay e Pinot Grigio

Sperimentazione e Tradizione.
E ormai usare questa forma di ossimoro, cioè di avvicinare due oggetti, concetti, pensieri, in teorico contrasto tra di loro, è diventato quasi obbligatorio per ogni specie di presentazione. Una sorta di impermeabile da indossare per nascondere le proprie nudità. Ogni ristorante del mondo ha un menu che unisce sperimentazione e tradizione. Magari solo perché servono gli spaghetti alla carbonara in un piatto di vetro. Non si sottraggono le aziende vinicole, che sul connubio sperimentazione e tradizione hanno trovato una formula di marketing per vendere qualsiasi cosa. Tutte, ma proprio tutte le cantine si vantano, si celebrano, si glorificano, dicendo che loro sono l’essenza di tradizione e sperimentazione. Così sull’altare della sperimentazione sacrificano la salute delle comunità che vivono in mezzo ed intorno ai vigneti, usando ogni tipo di antiparassitario, di diserbo o di concime che la scienza produce. Poi sventolano il vessillo della tradizione confezionandolo in una bottiglia tradizionale appunto.
Il castello di Grumello: Sperimentazione e tradizione.
Il castello di Grumello è intrinsecamente tradizione, perché se esiste da più di mille anni, è Storia. Paolo Zadra è per intelligenza e per passione uno sperimentatore. Perché le persone intelligenti non si accontentano mai di quello che scoprono. Cercano e cercano ancora. Se così non fosse, non si scoprirebbe mai nulla. La sperimentazione si fa anche impiantando piccole parcelle di vitigni ibridi detti PIWI, acronimo della parola tedesca pilzwiderstandsfähig, cioè capace di resistere ai funghi, come il Bronner e lo Johanniter. Oppure quando ripianta vitigni autoctoni quasi smarriti come la Merera.
All’inizio 1900 per contrastare il dilagare della Fillossera, che stava distruggendo tutti i vigneti del vecchio continente, in tutta Europa in generale, in Germania in particolare, si iniziano a sperimentare incroci tra viti americane e viti europee. Così nascono le primi viti resistenti. Purtroppo però, i primi incroci sotto il profilo qualitativo danno risultati scarsi. Tuttavia, vista la buona resistenza all’afide, la sperimentazione continua anche in funzione di lotta preventiva alle malattie causate dai funghi, quali Oidio e Peronospora. Dopo decine di anni di sperimentazione in vigna, dopo molte generazioni di incroci, sotto l’aspetto qualitativo, arrivano i primi risultati interessanti.
JOHANNITER. E’ una varietà bianca costituita nel 1968 da Johannes Zimmerman presso l’Istituto Statale di viticoltura di Friburgo. Si tratta di un incrocio tra Riesling X [Seyve-Villard 12.481 X (Pinot Grigio X Gutedel o Chasselas)].
BRONNER E’ una varietà a bacca bianca creata nel 1975 dall’incrocio di Merzling X Geisenheim 6494, anch’essi due varietà naturali che hanno tra i loro antenati Riesling e Pinot Grigio.
Contestualmente Paolo Zadra, ha ripiantato una varietà autoctona della bergamasca, che si credeva ormai persa per sempre: la Merera. Vitigno a bacca rossa, che si pensava appartenesse alla grande famiglia delle schiave. Recenti studi condotti sul Dna sembrerebbero confermare essere una varietà autonoma nata proprio nella bergamasca. Recuperate alcune piante, sono state sovrainnestate su piante di Merlot ed è stata avviata una piccola produzione.
Il grosso dei vigneti è situato sulle pendici del monte Calvario, e sommariamente sono divisi per altezza. Per quanto riguarda i vini rossi, la parte più bassa ha maggiore presenza di Merlot e le uve vanno a creare il Valcalepio rosso, la parte di mezzo ha sostanziale equilibrio tra le due varietà e con quelle uve si crea il Valcalepio Riserva, mentre la parte più alta ha maggiore presenza di Cabernet Sauvignon e le uve creano il Valcalepio Riserva Colle Calvario. Le vendemmie sono separate oltre che per zona, anche per varietà . Infatti si chiama taglio bordolese, perché il Merlot matura molto prima del Cabernet, quindi si fanno due vendemmie diverse, fermentazioni separate e poi si fa il taglio delle due masse. Al Castello, per creare i Valcalepio rossi si fanno 6 fermentazioni diverse: Cabernet e Merlot di bassa, media e alta collina.
Dopo la presentazione, Paolo ci porta ad assaggiare i vini atti a divenire. In questo momento le masse del 2016 erano in piena fermentazione malo-lattica. Dai tini di acciaio abbiamo gustato:

  • Valcalepio bianco 2016 prima pressatura soffice, per gravità delle uve sulle uve stesse
  • Valcalepio bianco 2016 seconda pressatura con pressa (venduto ad altri produttori locali)
  • Valcalepio rosso 2016
  • Castello di Grumello Riserva 2016
  • Colle Calvario Riserva 2016 (parte svinata detta CCC)
  • Colle Calvario Riserva 2016 (parte con le vinacce detta CCL)
  • Merera 2016

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(Atto a divenire Valcalepio Riserva Colle Calvario 2016)
I vini ovviamente ancora informi, hanno mostrato grande quantità di materia, un’estrema precisione, come nitidezza nei profumi e nelle percezioni tattili.
Senza andare nel dettaglio, che non avrebbe nessun senso, e nessun interesse, possiamo dire che la 2016 per il Castello di Grumello è stata un’ottima annata per i bianchi, buona per i Merlot e ottima per i Cabernet. Specifico per il Castello di Grumello, perché molti altri produttori hanno denunciato la 2016 come annata con una difficile gestione del vigneto. Come dice lo stesso Zadra in una lettera aperta pubblicata dall’Eco di Bergamo a proposito del decreto sulla liberalizzazione dell’uso di mosti concentrati per alzare il tenore zuccherino dei mosti. Paolo evidenzia che, come non tutti i figli sono uguali, perché c’è quello robusto e quello esile, così non tutti produttori sono fortunati (o bravi in vigna), ma ci sono anche quelli sfortunati (o meno bravi in vigna). La fortuna qui si limita solo alla latitudine d’impianto, e all’esposizione solare. Ovviamente un viticoltore siciliano, ha la “fortuna” di avere uve spontaneamente ricche di zuccheri, e di certo non ha bisogno di alzare il tenore zuccherino con aggiunta di mosti concentrati. Diverso potrebbe essere il discorso per un coltivatore della provincia di Bergamo, che magari dai mosti concentrati potrebbe trovare giovamento.
Tornando ai vini, siamo passati alla barricaia, e dalle botti abbiamo provato:

  • Merera 2015
  • Castello di Grumello Riserva 2015
  • Colle Calvario Riserva (parte CCC) 2015
  • Colle Calvario riserva (parte CCL) 2015

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(Castello di Grumello Barricaia e Paolo Zadra)
Come per la 2016 assaggiata dai tini di acciaio, la 2015 dalle barrique, sommariamente conferma quanto pensato in fase di vendemmia: annata eccezionale. Grande varietà di profumi, complessità ed eleganza. L’inciso lo merita la doppia degustazione della Merera, fosse solo per essere stata la prima volta. Vinificato in Tonneaux aperti, passa in acciaio per la fermentazione malo-lattica e poi va in barrique. Arriva al massimo ad avere 12% di alcol in volume. Si distingue dalle varietà coltivate normalmente nella bergamasca, ha profumi che spaziano dall’uva stessa, alla frutta rossa, a note verdi non di frutto acerbo, ma di pianta. Nel 2015 iniziano a percepirsi alcuni terziari come spezie ed erbe aromatiche. La verità è che nessuno conosce le reali potenzialità del vitigno. Per la nostra esperienza di virtualità ce ne sono diverse. Sarà il tempo a dirci se arriveranno a compimento.
La mia prima vera Maestra, la professoressa Luigia Bottero, che mi ha insegnato lettere e storia alle superiori, diceva che all’inizio dei temi si fanno le premesse, e alla fine si tirano le conclusioni.
Concludendo la prima parte, possiamo dire che, il castello di Grumello ormai da qualche anno produce ottimi vini sfruttando vitigni “tradizionali”, che si sta impegnando nella ricerca, impiantando vitigni naturalmente resistenti alle malattie fungine, e recuperando vitigni dimenticati nelle pieghe del consumo di massa. Per questo i vini del Castello di Grumello saranno presenti nell’enoteca e nella vendita di vino on line. Proprio perché wineilvino.it seleziona i migliori vini delle cantine che ritiene adeguate, e non ammucchia tutto il possibile.
Poi Paolo Zadra è un enologo curioso, responsabile e competente.
E la fortuna non centra niente.
Perché come dice Machiavelli nel Principe, …”la fortuna, che dimostra tutta la sua potenza dove non ci si è preparati a resisterle e che rivolge il suo impeto dove sa che non sono stati apprestati gli argini e i ripari in grado di contenerla.”
Continua…
Fabrizio Buoli