Assoluto o relativo?

Discutendo di vini e vitigni con Gianmario Bongini, vignaiolo di Filodivino, sono emerse due questioni che periodicamente balzano agli onori della cronache. Così, invece che limitarla alla nostra serata, ho pensato di condividerla col foltissimo popolo di amanti del vino, che naviga in rete. Normalmente, capita in prossimità delle uscite di qualche guida, o immediatamente dopo un evento pubblico di presentazione delle nuove annate, cioè quando gli osannati critici americani distribuiscono i 100/100 a manciate.
La prima domanda è:
Un Brunello di Montalcino, un Bolgheri, un Toscana rosso (SuperTuscan), come piace chiamarlo oltreoceano, un Barbaresco, oppure un Barolo, quando escono sul mercato possono davvero raggiungere il punteggio di 100/100?
I Cento centesimi sono il massimo punteggio attribuibile, il punteggio che un vino raggiunge al massimo della sua espressione, dopodiché, camminato per qualche anno sulla cresta, inizia inevitabilmente ed inesorabilmente a peggiorare. Dunque, come può un Brunello di Montalcino essere sulla sommità della vetta dopo 5 anni dalla vendemmia, quando mese dopo mese evolverà e di conseguenza migliorerà per altri 10-20 anni?
Durante il Vinitaly 2017, fui invitato nello stand di Alessandro Mori, proprietario e vignaiolo de Il Marroneto, celebre azienda di Montalcino. Alessandro è un personaggio istrionico, che sfugge ad ogni sorta di definizione. Quella che maggiormente lo identifica è considerarlo un artista. Perché se è vero, che siamo nell’epoca della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, è anche vero, che l’arte da sempre evolve, tanto concettualmente, quanto nella forma. Allora il vino, in alcune sue rappresentazioni, si può considerare arte allo stato liquido, ed Alessandro Mori, che di quelle manifestazioni è il creatore, dev’essere considerato un artista.
In quell’occasione mi fece assaggiare il Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2010, e mentre si chiacchierava con importatori tedeschi ed americani, ci versò un bicchiere da un anonimo decanter. Comprensibilmente fiero dei riconoscimenti ottenuti, celebrò il primo bicchiere raccontando dei vari 100/100, che diversi critici americani gli avevano attribuito. Alessandro chiese la mia opinione.
Ed io risposi: “Davvero buonissimo, ma senza che tu ti offenda non è 100/100.”
“Come?” incalzò lui ”Anche…” e citò un ormai celebre critico italiano ”gli ha dato 100/100”.
Invece che continuare la discussione gli domandai: “Ascolta Alessandro, che annata è quest’altro Madonna delle Grazie che hai messo nel Decanter?” Perché non c’era nessun dubbio che fosse un Brunello di Montalcino, e ancora di meno che fosse un Madonna delle Grazie. Perché quello era un vino davvero incredibile. In assoluto il Brunello più buono che avessi mai bevuto. Non soltanto buonissimo, ma emozionante a tal punto da versare le lacrime.
“E’ un 3 litri del 2007” rispose.
“Ecco…se al primo gli diamo 100/100, al secondo, che in questo preciso momento è indiscutibilmente più buono, cosa gli diamo? 110/100?”
La seconda domanda è:
I vini devono essere valutati relativamente alle espressioni massime del vitigno, oppure in senso assoluto indipendentemente dalle capacità espressive di ogni singolo?
Per esprimerle meglio il concetto mi farò aiutare da un esempio: Il nebbiolo quando è piantato nelle zone atte a divenire un Valtellina, un Lessona, un Bramaterra, un Gattinara, un Roero, un Barbaresco oppure un Barolo, può essere messo in relazione ad un Ormeasco, ad una Lacrima di Morro d’Alba o a un Tai Rosso dei Colli Berici?
Se le diverse declinazione del Nebbiolo possono ragionevolmente raggiungere al massimo della loro evoluzione i 100/100, gli altri tre vini sopracitati come esempio tra tanti altri, potranno mai farlo?
La risposta è talmente ovvia che diventa retorica la domanda.
Quindi è corretto inserire vini e vitigni in una unica classifica pur sapendo che gareggiano con capacità e possibilità diverse? Oppure sarebbe corretto valutare i vini ed i vitigni inserendoli in categorie diverse, il relazione alle loro reali capacità?
Se alla griglia di partenza del Rally di Sanremo ci fosse la vecchia 500 di mio padre, avrebbe le stesse possibilità di arrivare prima?
Assoluto o relativo?
Fabrizio Buoli