Vinitaly: il bello e il brutto.

Verona 12 aprile 2016
Oggi è cambiato il mezzo di trasporto e la compagnia. Ieri l’auto ufficiale di Aqvagiusta, con Nicola e Luisa, oggi il treno con Cristiano Turoldo, giovane coltivatore diretto, grande allevatore di api, curioso ed intelligente produttore di vino naturale. Il suo vero cognome non è Turoldo, ma io lo chiamo così, perché la sua casa, con i campi che coltiva, sono confinanti con l’Abbazia di Fontanella di Sotto il Monte, dove il grande frate filosofo David Maria Turoldo venne “esiliato” nel 1966.
E’ cambiato il mezzo, non il risultato, infatti alla seconda stazione dopo Seriate, dove siamo saliti, il treno di Treninord, si è rotto. Senza troppo dilungarmi nelle coincidenze perse, sintetizzo: partenza ore 6.24, arrivo 9,20. Ma anche nel patetico dramma dove affogano i treni italiani, si può trovare il bello e buono. Lo sosta obbligata a Rovato ci ha portato a zingarare cercando e trovando un panino fresco da farcire, con prosciutto di Parma al fiocco.
Se osservato da lontano, il mare ondeggiante di teste in coda per entrare in Cangrande ha un fascino segreto, un po’ meno quando di quelle acque sei le onde. La voce ritmata dei bagarini, “compro biglietti, vendo biglietti con lo sconto” ci riporta al presente. Quest’anno gli organizzatori del Vinitaly, nel tentativo di scoraggiare l’ingresso alle orde di giovani, interessati più all’effetto dell’alcol, che all’aspetto qualitativo del vino, hanno portato il prezzo del biglietto ad 80 euro. Ovvia conseguenza è stato il fiorire del bagarinaggio. Tuttavia non c’è stata la ressa ai banchi d’assaggio degli anni passati, permettendo degustazioni di certo più accurate.
Il brutto del Vinitaly: i vini sono molto spesso serviti a temperature sbagliate, così da falsarne la valutazione. Alzando la temperatura di servizio si evidenzia l’alcol e si penalizza l’acidità. Ma il limite più grande è quello temporale, perché essendo ad Aprile, di frequente capita che i vini proposti dalle aziende siano appena stati imbottigliati, quando non siano persino estratti dalle vasche o botti di affinamento. E allora via con gli assaggi da mago. Non si può giudicare quello che è, perché sarebbe ingiudicabile, ma bisogna considerare come diventerà. Solo l’esperienza, gli assaggi della stessa annata di un vino, nel corso del tempo, insegna a disegnare la prospettiva. Ma in natura l’assoluto non esiste, tutto dipende. Perché come lo storico, che prevede lo probabilità che un evento accada, così il degustatore non ha mai la certezza dell’evoluzione, solo una probabilità. Maggiore è l’esperienza, maggiore sarà la probabilità di intuire la trasformazione. Il fascino della natura, sta proprio nel rinnovare lo stesso evento, ogni primavera, ogni estate, ogni autunno in modo diverso. Così come ogni annata è diversa, ogni sviluppo nel tempo sarà diverso da tutti gli altri.
C’è anche del bello nel Vinitaly ed è tutto nell’instaurarsi e nel rafforzarsi dei rapporti sociali. Purtroppo le distanze spesso impediscono la conoscenza diretta di chi genera, mentre la fiera aiuta la conoscenza dei produttori, e di conseguenza dei loro figli…i vini. Molto più sovente di quello che si pensa i vini manifestano il carattere e la passione di chi li modella. Ogni anno conosco qualcuno d’interessante, ogni anno imparo qualcosa, ogni anno divento più ricco. Anche confrontandomi con loro, anche discutendo con loro, anche avendo opinioni diverse dalle loro. Il mio fratello Cristiano non poteva non notare la diretta proporzionalità tra mani degli espositori e la loro conoscenza e competenza. Non per forza le mani rugose e vissute di chi va davvero in campagna ed in cantina, sono sinonimo di qualità dei vini da quelle mani cesellati, ma quelle mani, sanno come le cose accadono e sanno perché. E diciamolo, molte volte quelle mani, fanno vini buoni.
Fabrizio Buoli