Dogliani: dove il Dolcetto riesce a laurearsi

Dogliani: dove il Dolcetto riesce a laurearsi

Il dolcetto è un vitigno antico, le cui tracce sembrano risalire addirittura all’anno mille, tuttavia, trova certa presenza e coltivazione in Piemonte nell’area di Dogliani, in un documento del 1593. La denominazione Dolcetto di Dogliani doc arriva nel 1974, mentre la Denominazione di Origine Controllata e Garantita giunge nel 2005.

La DOCG Dogliani, o Dolcetto di Dogliani, è quella più a sud di tutto il Piemonte: si estende da Monchiero, il comune più a Nord, fino a Vicoforte e Mondovì a sud, mentre ad est si allarga da Marsaglia fino a Carrù.

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Il Roero e i suoi segreti

Il Roero e i suoi segreti

Narrazione di un viaggio e pensieri, andando per cantine

Quando racconto dei miei vagabondaggi a selezionare nuove cantine da inserire nella nostra vetrina, in genere il commento degli amici è d’invidia. Ciò che non viene considerato è proprio il rapporto di vini buoni, su quelli appena passabili, dozzinali o persino con difetti, che dobbiamo assaggiare e valutare. Parte del nostro lavoro è proprio quello di ricerca di talenti inesplorati. Non sempre i tentativi sono felici, anzi è proprio il contrario, in genere ogni dieci cantine assaggiate, ne selezioniamo una o due. Talvolta nemmeno quella.

Ecco tutta quella parte ve la risparmiamo, perché quel che troverete nella vetrina del sito è già una prima e fondamentale selezione.

Il Roero, terra antica di tradizione vitivinicola, non può essere scartato e merita la nostra attenzione.

A Vezza d’Alba c’è una valle plasmata dalla natura ad anfiteatro, coni vigneti invece che gli spalti, e in basso al centro, dove nei teatri greci c’era il palcoscenico, si erge la cascina Valmenera, corpo centrale dell’Antica Cascina dei Conti di Roero.

Fu acquistata dal Nonno di Daniela nei primi anni ’50 insieme a separati terreni nei comuni di Canale e Monteu Roero. Non era pratica per le aziende agricole del tempo concentrarsi esclusivamente su di una coltura, perché la terra doveva dare frutti e sostentamenti per tutto l’anno. Almeno questo era il sapere diffuso ereditato da tradizioni contadine, le cui radici si perdevano nella notte dei tempi. Lo santificò anche Elda, la madre di Cristiano, un mio amico tra quelli più vicini al mio cuore, una sera davanti al suo titanico camino, mentre tentavo di convincerla (inutilmente) a piantare in tutti i suoi campi solo la vite. Elda proveniva da generazioni di contadini senza nome, in un tempo che sembrava non mutare mai. Dopo la semina, segue il raccolto, e a quello la pausa rigenerativa del terreno. Nello stesso identico modo dell’anno prima, nei secoli dei secoli fino a che la memoria ne smarriva traccia.

Tutto cambia però. Nulla è eterno.

Negli anni ’70 i frutti furono maturi, per convertire l’azienda in cantina, avendo scelto la vite come sua ragione di sussistenza e di vita.

Il corpo dei vigneti nel tempo è lentamente ma gradualmente aumentato, con la prima acquisizione, proprio nel 1998, della Cascina Penna a Canale. La menzione geografica è quella prestigiosa dello Sru, dove i terreni sono meno sabbiosi e più calcarei e argillosi. Da queste vigne è appena, sul mercato un nuovo vino

Gli anni 90 sono per loro quelli della svolta. Proprio nel 1998 Daniela sposa Gigi, dopo un lunghissimo fidanzamento, ed entrano a tutti gli effetti in organico alla cantina. Quando si dice sposati per la vita. Condividono ogni scelta aziendale, pur rispettando i rispettivi campi di operatività. Prima di quel giorno Gigi aveva studiato agraria con sviluppo enologico a Grinzane Cavour, facendo pratica nella cantina del padre. Insomma, le loro famiglie coltivano la terra da generazioni.

La maniera migliore per parlare dei vini di Daniela e Gigi, è quello di raccontare di loro, della loro educazione, gentilezza, disponibilità e soprattutto Umiltà e Competenza.anticacascinadeicontidiroero-danielaegigi

Ecco i loro vini sono proprio così.

I bianchi si mostrano puliti e gentili, inizialmente riservati, si avvicinano al palato quasi avendo il timore di disturbare, è un istante, un frammento di secondo, poi si liberano le sagole, i velacci sbandierano al vento, e si riempie il bicchiere di profumi sorprendenti, che mi riportano in quella “mulattiera di mare”. Per esplodere al palato con una mineralità così tersa, da essere definita per antonomasia.

La Favorita è un vitigno curioso, fratello gemello del Vermentino, è giunto in Piemonte seguendo la via delle acciughe, ed ha trovato diversi luoghi dove stabilirsi e crescere. Nel Roero gli piace essere diverso, così la frutta diventa esotica, alla quale si aggiungono profumi di fiori e di pietre. Al palato la mineralità è ciò che lo distingue, da tanti vini italiani privi di personalità.

L’Arneis è l’altro vitigno a bacca bianca coltivato. Anch’esso autoctono, dal 2018 esce con la menzione aggiuntiva “ Di Vezza d’Alba”, proprio perché le uve sono tutte coltivate nel comune di Vezza. Ma oltre alla provenienza, ciò che conta è il vino: fresco e variegato il bouquet, quanto minerale ed espressivo il palato. Arriva a sorprendere, per come sa rendere leggero il complesso. Senza trascurare, che se vinificato correttamente, L’arneis è un vino che ha ottime capacità di invecchiare migliorando. Dopo qualche anno esprime anche al naso la mineralità del palato giovanile, lasciando percepire meravigliose sensazioni di grafite e polvere da sparo.

I rossi hanno un equilibrio e un’estensione delle loro capacità davvero notevoli. Sono classici, perché la varietà non si cela, ma al contrario emerge ben distinta, e allo stesso moderni, perché il frutto è croccante e scrupolosamente pulito, mentre il palato voluminoso e ben strutturato.

Anche per i vitigni a bacca rossa vi racconto di due vitigni autoctoni: la Barbera e il Nebbiolo.

La Barbera è disarmante. Dotata di profumi ricchi e ben disegnati, sfaccettati e intriganti. Al palato con l’endemica acidità del vitigno, si allea la mineralità elargita dal suolo, per un vino dall’ottima struttura. Per trovare l’equilibrio, sfoggia cremosità e morbidezze in genere, più che adeguate. Va sul mercato con un anno di ritardo rispetto a tutte le barbere “semplici”, giusto per distinguerle dalle Superiori, che normalmente fanno un passaggio in legno più lungo, ed escono anche tre o quattro anni dopo la vendemmia. L’indugio ad arrivare al consumatore la premia sotto ogni aspetto della valutazione, e infine in quella complessiva.

Il Nebbiolo è l’eleganza. Certo, il nebbiolo nella zona del Roero si esprime così, preferendo la finezza alla potenza, ma nel caso particolare è da sottolineare con doppia riga. Profumi intensi e distinti, carezzevoli e invitanti, lasciano spazio ad un sorso pieno, ma invece che ispido per il tannini forzuti, setoso ed avvolgente. Ci sono molti Roero, anche riserva, che nemmeno si avvicinano a questo Nebbiolo.

Il Roero Riserva Vigna Sant’Anna 2015. Ho passato del tempo a decidere come definirlo, se è vero che definire una cosa significa dargli valore. Sotto un altro punto di vista definire significa porre dei limiti, quindi necessariamente escludere qualcosa, che sta al di là del limite, ma inevitabilmente ci confina. Dire che un vino è buono, significa non soltanto che non è cattivo, ma contemporaneamente che non è ottimo, eccelso eccezionale. Dicendo che è buono gli ho dato dei limiti, in un senso e nell’altro.

Accettando la sfida di usare una sola parola, direi: incompreso.

Nella storia dell’arte spesso è accaduto, che gli incompresi lo fossero perché anticipavano i tempi e il gusto estetico della massa. Il caso del Roero Vigna sant’Anna è senza alcuna spiegazione logica.

È un capolavoro. E nessuno lo sa.

Proviene esclusivamente dalla sommità di un vigneto, dove per via della pendenza, tutte le lavorazioni sono svolte a mano. I ceppi sono stati piantati nel 1954, di conseguenza hanno quasi 70 anni. Il suolo sabbioso e Calcareo, insieme alla vigna vecchia, sul bricco di un pendio, dove insolazione e arieggiamento degli acini sono ottimali, Il Gigi Agronomo, concede alle mani di Gigi enologo un frutto perfetto. Poi c’è il suo sapiente lavoro in cantina. Fatto di attenzione, di amorevole cura, di sguardi in tralice quando non maturano come dovrebbero, e di quelli compiaciuti quando imparano bene. Di dialoghi segreti con le botti, che abbracciano le sue creature, ma prima di tutto di conoscenza.

Per fare un grande vino serve uva perfetta, questo mantra lo sentiamo ripetere in ogni angolo del mondo, ma in realtà uva perfetta non equivale a vino perfetto. Perché chi lavora in cantina, può anche rovinare tutto quello costruito sul campo. Credetemi , non è così raro che anche grandi enologi sbaglino per così dire “l’annata”. Figuriamoci i giovani e poco esperti.

Adoro il Nebbiolo in tutte le sue declinazioni, non esito a considerarlo il miglior vitigno rosso al mondo, al pari del Pinot Nero, per questo vi dico, che un Nebbiolo, quando è fatto bene è un grande vino, ma quando arriva a mostrare l’acciuga sotto sale oppure la menta, diventa grandissimo. Purtroppo capita molto raramente, anche per questo sono profumi giustamente apprezzati dagli appassionati. Ebbene, otre a tutto il resto, tralasciando il sontuoso profilo olfattivo, il palato ricco, avvolgente, equilibrato e molto persistente, ciò che provoca assuefazione è il latente profumo di menta, che costella il bicchiere. Lo riscrivo, un capolavoro da 93-94 punti su 100. Non meno di questo, considerando che è facile prevedere un futuro di miglioramenti ulteriori.

In buona sostanza avete la possibilità di avere un Barolo, Barbaresco, Roero, Boca, Valtellina etc, di alta fascia qualitativa, al prezzo di un Langhe Nebbiolo di buona qualità.

Non resta che la conclusione, con i commenti finali.

Capita, delle volte capita, che le parole, invece che aiutare a capirsi, dividano. Naturalmente non è colpa loro, le parole non hanno intenzioni, o scopi, ma sempre dell’uso che ne fa l’uomo.

Invece che dilungarmi, concludo riassumendo i vini dell’Antica Cascina dei Conti di Roero in poche parole.

 

Semplici eppure complessi.

Suadenti nondimeno algenti

Garbati e adorabilmente provocanti

 

Fabrizio Buoli

Wineilvino.it

L’acidità nel vino: approfondimenti

L’acidità nel vino: approfondimenti

Uno degli elementi fondamentali analizzabili durante la degustazione di un vino è l’acidità.

Le molecole acide presenti nel vino definiscono in maniera determinante, non solo il suo profilo gustativo, ma anche la capacità e la profondità d’invecchiamento…. Continua a leggere L’acidità nel vino: approfondimenti

NUNZIO GHIRALDI: il Lugana Lover

Il Gruccione e Il Sant’Onorata 1953 sono Lugana autentici. 100% Lugana.

Non ci possono essere modi diversi di iniziare a parlare dei Lugana di Nunzio Ghiraldi, se non scrivendo di storia. Nunzio era anche il nome del nonno, perché una romantica tradizione famigliare vuole, che il primogenito maschio prenda il nome del nonno. Nunzio è stato colui che nel lontano 1953 ha piantato la prima vigna. Quelle piante esistono ancora oggi ed insieme ad altre interrate negli anni successivi, costituisce il corpo delle vigne vecchie…. Continua a leggere NUNZIO GHIRALDI: il Lugana Lover

L’ultima vigna di Brunate

Claudio Boggione e la poesia: il Barolo Brunate

La storia dell’azienda agricola Boggione nasce a metà del secolo scorso, quando il nonno Antonio piantò i vigneti a metà del secolo scorso e iniziò a lavorarli per produrre vino. A lui successe lo zio Armando e, nel 2008, il nipote Claudio ne prese le redini con lo scopo non solo di imbottigliarlo, ma anche di etichettarlo e venderlo.

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Ma tu li conosci i tannini? Diventa esperto di vini!

Hai mai sentito parlare dei tannini? In effetti non è uno dei termini più ricorrenti nel vocabolario quotidiano dell’italiano medio. Spesso lo troviamo infatti associato alla degustazione dei vini, quindi nell’ambito di un settore abbastanza specializzato.
Se il tuo amico cerca di impressionarti ogni volta che uscite a cena snocciolando nomi altisonanti di vini e termini tecnici come se facesse parte dell’Accademia Nazionale Sommelier, questo articolo fa proprio al caso tuo. Quando sarai arrivato all’ultima riga, non sarai forse al suo stesso livello, ma potrai senz’altro conoscere meglio la materia in occasione del vostro prossimo appuntamento.

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Champagne Ellner: Natura, Classe ed Eleganza

La Maison di Champagne ELLNER è stata fondata nel 1905 da Charles-Emile Ellner. Fino ad allora di mestiere faceva i remueage in una importante Maison di Champagne ad Epernay. Nel giro di pochi anni comprò i suoi primi vigneti ed iniziò a produrre il suo Champagne.
Suo figlio Pierre continuò il suo lavoro espandendo la vigna e allargando il numero della sua clientela, in Francia e anche all’estero. Ma prima di tutto è stato in grado di gettare le basi qualitative, in modo che Ellner oggi sia riconosciuto come un marchio di alta qualità.
Tra i suoi figli c’è Jean-Pierre che ha preso le redini, e che li tiene ancora fermamente oggi, aiutato da sua moglie Michele. Questa è terza generazione che ha portato l’azienda familiare al modo di lavorare richiesto dal terzo millennio, modernizzando il sito di Epernay preservando le tradizioni…. Continua a leggere Champagne Ellner: Natura, Classe ed Eleganza

Filodivino: vino biologico, così come deve essere

Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Dino 2015 Filodivino

Almeno così doveva essere.
Chiedo scusa in anticipo ai 4 lettori, che perdono del tempo a leggere le parole che scrivo. Ho iniziato a creare la descrizione di un vino, ma come spesso mi accade, il pezzo che stavo scrivendo, si è animato ed ha deciso di seguire parabole non previste in origine. Rileggendo, mi pareva carino, e allora, ho deciso di lasciarlo così come era venuto…. Continua a leggere Filodivino: vino biologico, così come deve essere

Assoluto o relativo?

Discutendo di vini e vitigni con Gianmario Bongini, vignaiolo di Filodivino, sono emerse due questioni che periodicamente balzano agli onori della cronache. Così, invece che limitarla alla nostra serata, ho pensato di condividerla col foltissimo popolo di amanti del vino, che naviga in rete. Normalmente, capita in prossimità delle uscite di qualche guida, o immediatamente dopo un evento pubblico di presentazione delle nuove annate, cioè quando gli osannati critici americani distribuiscono i 100/100 a manciate.
La prima domanda è:
Un Brunello di Montalcino, un Bolgheri, un Toscana rosso (SuperTuscan), come piace chiamarlo oltreoceano, un Barbaresco, oppure un Barolo, quando escono sul mercato possono davvero raggiungere il punteggio di 100/100?
I Cento centesimi sono il massimo punteggio attribuibile, il punteggio che un vino raggiunge al massimo della sua espressione, dopodiché, camminato per qualche anno sulla cresta, inizia inevitabilmente ed inesorabilmente a peggiorare. Dunque, come può un Brunello di Montalcino essere sulla sommità della vetta dopo 5 anni dalla vendemmia, quando mese dopo mese evolverà e di conseguenza migliorerà per altri 10-20 anni?… Continua a leggere Assoluto o relativo?